Su c’è un cielo terso, azzurro come mai, e in lontananza ancora azzurro, e poi azzurro, e azzurro ancora.
Giù c’è la terra. Calda terra, consumata dai passi ed eternamente rigenerata dagli stessi.
Ma tra terra e cielo esiste una dimensione diversa, quella di un’unica corda tesa, che, se pizzicata, bisbiglia mille voci diverse.
E’ quì, che incede la vita.
Il 22 maggio il Liceo A. Oriani ha messo in scena la tragedia delle “Baccanti” al teatro greco di Palazzolo Acreide a Siracusa in occasione del 28esimo festival internazionale del Teatro classico dei giovani, e così quella corda è stata suonata, finalmente.
Ha sprigionato parole accolte e cullate dalla voce della natura, dal cinguettio degli uccelli, al vento che soffiava tra i rami e incastrava lì le illusioni plastiche del gioco drammatico.
Si respira il richiamo della tragedia greca, inesorabile e sensibile.
Tra cielo e terra.
Anche il sole cocente, se da un lato toglieva il respiro alle parole soffocate degli attori, dall’altro nutriva la loro passione, era linfa che scorreva nella voce, che la rendeva pura, reale. Voce antica che scorreva veloce lungo quella corda tesa, tra cielo e terra. Protesa verso il futuro.
E riecheggia, riecheggia, tra le parole di una tragedia che per prima seduce e lusinga la natura, in una fusione panica con essa. E’ nei movimenti confusi del coro, composto da menadi folli, nelle loro danze spontanee, abbandonate al soffio del vento, che la natura prende il sopravvento e inizia a ed essere la mano che pizzica quella corda.
La natura si fa artista, perché sembra tutto librarsi senza freni nell’aria. E’ musica.
Ogni parola sembra aver preso il suo posto in una sinfonia di dialoghi e suoni che, lì, nel teatro greco, trovano il loro senso.
Le coroncine d’edera delle baccanti, il rosso sgargiante dei loro vestiti irrequieti si avvitano e si stringono nel pianto finale di una madre, che si accascia sul corpo esangue di suo figlio, ucciso da lei stessa nella follia dionisiaca.
E’ il pianto della colpa, del dolore, dello strazio che rivive ogni luogo, ogni tempo ed ogni uomo.
Tra cielo e terra.
Così, in questa “terza dimensione “, i ragazzi dell’Oriani si sono piegati al tocco perfetto della natura e della naturalezza della tragedia greca: patrimonio, storia e passato di ogni uomo. E’ un gioco inconscio, illusione di una lontananza che si fa sottile, invisibile in un teatro greco. La voce dei greci è già viva nelle nostre corde vocali. Ecco, la natura suona la corda tesa. Tra cielo e terra. E’ un gioco istintivo, spontaneo, sincero.
A palazzolo Acreide i ragazzi del liceo hanno assistito anche alla “danza” sui piedi della tragedia di altri licei partecipanti al festival, così da stimolare un incontro intimo e un dialogo autentico tra gli studenti-attori. Accomunati tutti dalla stessa sensibile responsabilità, di riportare a “casa”, nella loro patria, quelle antiche storie.
Un carico non da poco per dei giovani attori, invogliati a lasciar andare ogni freno sulla skenè grazie anche alla visione, la sera precedente, della grandiosa messa in scena della “Fedra- Ippolito portatore di corona” al teatro greco di Siracusa appartenente alla stagione teatrale annuale organizzata dall’Inda (istituto nazionale del dramma antico). Quella passione ardente presente negli attori professionisti diffonde la sua luce e mostra la natura dell’uomo di ogni tempo, impetuoso, istintivo, libero, che afferma la vita.
Un ringraziamento va sicuramente al dirigente scolastico Francesco Catalano e alle professoresse referenti Annamaria Micello e Maria Giovanna Dicanio, che hanno accompagnato gli studenti in quest’esperienza, nel suo equilibrio e nella sua follia.
Nel suo respiro puro della natura umana e dei suoi drammi, un respiro tormentato e silenzioso, universale, tra cielo e terra. Tutto si arresta, il delirio si fa eco e scorre lungo quella corda tesa, che consuma ogni distanza, tra cielo e terra.
Catarsi. Tra cielo e terra.
Alessandra Quinto
Classe III A Liceo classico Oriani
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